Le fiabe: ginnastica per l’ anima. I tre porcellini

di Roberta Altieri

Questa volta vi propongo l’analisi di una fiaba dalla trama più semplice e lineare di quelle analizzate finora, ma ugualmente incentrata sulle difficoltà e sulle sfide della crescita.

Chi non ricorda i tre famosi porcellini che costruiscono tre casette, una di paglia, una di legno e una di mattoni e che devono affrontare il potente e distruttivo soffio del lupo?

Questa storia non appartiene alla raccolta di fiabe dei fratelli Grimm, bensì a quella di James Orchard Halliwell-Phillipps -“Nursery rhymes and nursery tales” (1843)- successivamente ripresa da Joseph Jacobs nel volume “English fairy tales” pubblicato nel 1890.

L’interpretazione che vi propongo è, come sempre, mutuata dallo psicoanalista Bruno Bettelheim.

La storia ha un inizio emblematico: mamma scrofa invita i suoi tre figlioletti a separarsi da lei, cioè ad abbandonare la casa dei genitori e ad avventurarsi nel mondo per costruirsene una propria.

Prima che se ne vadano li avverte che devono guardarsi da un grave pericolo: il lupo cattivo!

I fratellini, pur essendo tutti e tre piccoli, hanno età diverse: c’è il fratello maggiore, il mezzano e il minore. Come vedremo, secondo la lettura psicoanalitica questa differenza rappresenta l’evoluzione dell’individuo da uno stadio più immaturo ad uno più maturo dello sviluppo.

I fratellini si avventurano per strade diverse: il più piccolo incontra ben presto un contadino che trasporta della paglia, gliene chiede un po’ e con essa costruisce in tutta fretta una capanna, carina e accogliente ma non molto robusta.

Il porcellino non fa molto caso alla solidità della sua dimora, perché la sua priorità è sbrigarsela velocemente e ritornare a giocare.

Con un linguaggio psicoanalitico si può dire che il porcellino vive secondo il “principio di piacere”, cioè cerca la gratificazione immediata dei desideri e non è in grado di pensare al futuro, anziché vivere secondo il “principio di realtà” che suggerisce di rimandare la gratificazione al momento in cui siano garantite condizioni di maggiore sicurezza.

Ed ecco che entra in scena il lupo: la bestiaccia chiede al porcellino di poter entrare nella sua casa, ma questi, memore dell’avvertimento della mamma, risponde: “No, no, no, per le setole del mio groppone!”.

Il lupo non si dà per vinto e lo minaccia: “Allora soffierò e sbufferò finché la casa non verrà giù!”. Così fa e, con poca fatica, fa volare per aria la capanna di paglia e divora il povero porcellino.

Il secondo maialino incontra un uomo che trasporta della legna (precisamente “dei bastoni”), gliene chiede un po’ e, legandoli insieme alla meglio, si costruisce una casetta più robusta di quella del fratello, ma non sufficiente a resistere alla furia del lupo.

La belva, infatti, ripete col porcellino mezzano lo stesso copione che ha messo in scena col minore e, in men che non si dica, manda all’aria la casetta e divora il malcapitato.

Il terzo porcellino, il “più anziano”, incontra un uomo che trasporta dei mattoni, ne prende un po’ e con essi costruisce, con molta cura e impiegandoci il giusto tempo, una solida casetta con tanto di camino.

Il lupo, sempre affamato, prova ancora a farsi invitare nella casa: “No, no, no, per le setole del mio groppone!” risponde il porcellino allo stesso modo dei suoi fratelli.

Come sempre il lupo minaccia di buttargli all’aria la dimora col suo soffio ma, per quanto sbuffi, la casetta non viene giù!

Il lupo capisce che, per divorare anche il terzo maialino, la sua forza non basta: deve giocare d’astuzia.

Sapendo che il cibo esercita un’attrazione irresistibile non solo su lui stesso ma anche sul porcellino (l’avidità orale alberga in ognuno di noi), il lupo lo tenta dicendogli che conosce un campo di rape succulente e che potrebbero andare insieme, l’indomani mattina all’alba, a raccoglierne un po’.

Il porcellino finge di accettare l’offerta ma, in realtà, si reca al campo un’ora prima dell’alba e si procura le rape che gli servono.

Quando il lupo arriva e vede le rape già raccolte va su tutte le furie, ma non può far altro che prendere atto del suo fallimento ed escogitare un altro trucco: questa volta invita il maialino a raccogliere delle mele in un frutteto poco distante, l’indomani mattina alle cinque.

Il porcellino, ancora una volta, esce un’ora prima e si arrampica su un melo: mentre sta raccogliendo i frutti ecco che sopraggiunge il lupo.

Il maialino si spaventa e, al lupo che gli chiede se le mele siano buone, ne tira una facendola rotolare così lontano che, mentre la bestiaccia corre a raccoglierla, fa in tempo a scappare a casa al sicuro.

Il lupo prova una terza volta a stanare il porcellino (ricordate le tre tentazioni di Biancaneve?), proponendogli di andare insieme ad una fiera in un paese vicino.

Al solito, il maialino esce con grande anticipo e si reca alla fiera ad acquistare un barile, quand’ecco che vede il lupo che risale la collina: terrorizzato, il porcellino si infila nel barile e si lascia rotolare giù, passando accanto alla belva che fugge via, a sua volta spaventata da quello strano oggetto rotolante.

In seguito il lupo scopre che nel barile era nascosto proprio il maialino, nel frattempo rientrato nella casa di mattoni: sempre più infuriato, mette da parte l’astuzia e riprova ad aggredire l’animaletto, arrampicandosi sul tetto della casa con l’intenzione di calarsi giù per il camino.

Il porcellino, che non si dà per vinto neanche questa volta, mette subito a bollire un pentolone d’acqua nel quale il lupo cade rovinosamente, cuocendosi e diventando una succulenta cena per il nostro protagonista!

Esistono altre due versioni della storia: nella prima il porcellino più piccolo, anziché venir divorato dal lupo, riesce a scappare e a rifugiarsi nella casa del fratello mezzano, poi entrambi scappano nella casa del fratello maggiore.

Nella seconda versione troviamo addirittura tutti e tre i porcellini che, insieme, costruiscono le tre case e affrontano il lupo secondo i tre passaggi raccontati.

L’intento di queste modifiche è, chiaramente, quello di proteggere i bambini dall’esperienza della morte ma, secondo l’interpretazione psicoanalitica della storia, la morte è da intendersi sempre in senso simbolico: a morire non è un individuo in carne ed ossa, bensì un livello più immaturo di sviluppo che deve lasciare il posto ad un livello più evoluto e che meglio si adatta alla realtà della vita.

La morte del lupo simboleggia la vittoria sui pericoli della realtà, ma anche sui pericoli che vengono dal nostro interno, quali l’aggressività incontrollata, l’avidità, l’asocialità, il cedere ai nostri impulsi più primordiali.

Anche nella parte -spesso trascurata o abbreviata- in cui il lupo cerca di stanare il porcellino con l’inganno è nascosto un messaggio importante: si mette a confronto la voracità distruttiva del lupo con la capacità organizzativa e pianificatrice del maialino. Quest’ultimo è capace di procurarsi adeguatamente ciò che gli serve, tenendo conto dei rischi del mondo esterno e prendendo solo ciò che serve al suo fabbisogno, senza distruggere niente.

Il terzo porcellino, quello “più maturo”, ha capito che per proteggersi dai pericoli della vita deve impegnarsi duramente (costruire una solida casa), usare l’ingegno (escogitare diversi modi per ingannare il lupo) e non darsi mai per vinto (anche quando il lupo scopre i suoi trucchi, egli riesce sempre a tirare fuori nuove risorse per salvarsi).

Solo così potrà riuscire a procurarsi, nel modo più adeguato, tutto ciò di cui ha bisogno per vivere una vita gratificante e costruttiva.

Dott.ssa Roberta Altieri