Le fiabe: ginnastica per l’anima. Raperonzolo

La fatica di diventare grandi è ben rappresentata nella fiaba di Raperonzolo, nella quale una madre assurdamente gelosa segrega la figlia adolescente nientemeno che in un’altissima torre, senza porte, nel bel mezzo di un bosco.

Questa immagine indimenticabile, al contempo spaventosa e affascinante, simboleggia non solo la difficoltà dei genitori di lasciar andare i loro piccoli fuori dal nido al momento opportuno, ma anche la speranza e l’aspettativa dei piccoli di essere protetti in modo assoluto dai pericoli del mondo e di restare per sempre accanto alla propria fonte di sicurezza, cioè la madre.

All’inizio della storia incontriamo due sposi molto tristi perché non riescono ad avere figli.

Finalmente, un giorno, la donna scopre di aspettare un bambino: durante la lunga attesa, ella trascorre molto tempo alla finestra ad osservare uno splendido giardino, confinante col suo, che appartiene ad una maga molto potente e temuta. Questo giardino è reso inaccessibile da un muro che lo circonda completamente e che ne impedisce anche la vista dall’esterno.

Un giorno la donna si accorge che, nel giardino, vi è un’aiuola coltivata a raperonzoli, ortaggi di cui è molto ghiotta: “siccome sapeva di non poterli avere” (quanta verità in questa frase!), la donna comincia a desiderarli ardentemente, al punto da non poter mangiare altro e da lasciarsi morire di fame.

Tradizione vuole che le “voglie”, durante la gravidanza, possano essere davvero bizzarre e tenaci!

Il marito, disperato per la condizione della moglie, si arrischia ad entrare di nascosto nel giardino proibito e riesce a procurare alla sua sposa l’oggetto del desiderio: la donna mangia le verdure con voracità e, non soddisfatta di quanto ha avuto, ne chiede ancora e ancora, con un’avidità irrefrenabile.

La fiaba insegna che il fatto di non riuscire a dominare i propri impulsi porta dei guai: il marito, infatti, entra di nuovo nel giardino per rubare i raperonzoli, ma viene scoperto dalla maga che si arrabbia moltissimo, e giustamente, per l’intrusione.

L’uomo tenta di giustificarsi, parlando dello stato particolare in cui si trova la moglie e della necessità di assecondarla per il buon esito della gravidanza; a quelle parole la maga gli propone un patto: gli darà tutti i raperonzoli che vuole se, in cambio, lui le consegnerà il bambino non appena nascerà.

L’uomo, impaurito, accetta il terribile accordo e così avviene: alla nascita della bambina compare la maga, le dà il nome di Raperonzolo e la porta via con sé, promettendo di crescerla “come farebbe una madre”. Il raperonzolo rubato viene quindi restituito alla legittima proprietaria, benché sotto altra forma!

L’espediente di sostituire la madre con una matrigna è usato in moltissime fiabe, da Biancaneve a Cenerentola, da Hansel e Gretel a I tre omini del bosco, e risponde al bisogno del bambino di esprimere i sentimenti negativi verso la figura materna senza eccessivi sensi di colpa.

Definire una matrigna brutta e cattiva, vederla nei suoi aspetti più sgradevoli -con la consueta esagerazione fiabesca- fa sì che il bambino si prenda una piccola rivincita sulla mamma che è, sì, molto amata, ma che non è sempre disponibile nei suoi confronti. E’ più facile, per il bambino, “sdoppiare” la madre in una figura infinitamente buona e in un’altra molto cattiva, piuttosto che accettare la realtà di una mamma “vera”, che alterna atteggiamenti amorevoli ad altri più severi e a lui sgraditi.

Un’altra riflessione riguarda il fatto che, in questa fiaba, la bambina viene sottratta alla famiglia alla nascita, anche se il “problema” che determina il suo strano destino si presenta molti anni dopo.

Se ricordate, ne La bella addormentata la principessa rimane a vivere con i genitori fino al suo quindicesimo compleanno, giorno in cui si avvera il maleficio della strega. In quel caso non c’era alcun motivo per allontanare la bambina dalla sua famiglia prima del tempo: i genitori erano in grado di occuparsi di lei fino al sopraggiungere dell’adolescenza.

In questo caso, invece, la fiaba sembra suggerire che i genitori non sono adeguati a crescere la bambina nemmeno nei primi anni di vita, presumibilmente a causa delle loro condotte errate, come il furto dei raperonzoli e la scarsa capacità di controllare gli impulsi.

Per lunghi anni la vita scorre serenamente per Raperonzolo e per la sua matrigna, infatti non ci viene raccontato alcun episodio significativo.

Solo alla fatidica tappa del dodicesimo compleanno, che coincide con l’inizio della pubertà, la maga si fa prendere da una terribile gelosia e rinchiude la fanciulla in un’altissima torre, in modo che le sia impedito qualunque contatto umano a parte quello con la madre stessa.

Per salire e scendere dalla torre, che non ha porte né scale esterne, la maga si serve dei capelli di Raperonzolo, cresciuti a dismisura proprio per permetterle di arrampicarvisi al bisogno.

La maga ha stabilito un codice per avvisare la fanciulla della sua necessità di salire, che suona così: “Oh Raperonzolo sciogli i tuoi capelli, che per salir mi servirò di quelli!” o anche: “Oh Raperonzolo, Raperonzolo mia bella, cala la treccia d’oro da quella finestrella!” (non so a voi, ma a me queste filastrocche piacciono molto!).

Non sappiamo niente dei sentimenti di Raperonzolo durante la sua clausura, ma non sembra che questo costituisca un grave problema per lei, almeno finché non succede qualcosa che fa cambiare la situazione.

Un giorno un principe passa sotto la torre, vede la fanciulla alla finestra e la sente cantare una dolce melodia: inutile dire che se ne innamora all’istante!

Egli cerca un ingresso per salire ma, non trovandolo, si accontenta di recarsi ogni giorno nel bosco per ascoltare la voce della sua amata e per ammirarla da lontano, finché vede la maga che pronuncia la formula e che sale dalla ragazza in quel modo inconsueto.

Appena la maga se ne va, il ragazzo la imita e raggiunge Raperonzolo in un baleno: la fanciulla si spaventa alla vista dello sconosciuto, ma ben presto se ne innamora e i due decidono di vedersi ogni giorno, di nascosto dalla maga.

La fanciulla propone al principe di portarle, ogni giorno, un pezzo di corda (in alcune versioni una matassa di seta) affinché lei possa costruire una scala per scendere dalla torre e per fuggire insieme al suo amato. Ci si può chiedere perché il principe non le porti una scala bell’e fatta, ma il messaggio che ci viene dato riguarda il valore dell’attesa e della pazienza per costruire un rapporto affettivo duraturo.

L’estrema valorizzazione dei capelli di Raperonzolo -di lunghezza smisurata e così fini e dorati da sembrare oro filato- simboleggia il valore del corpo e la possibilità di riporre in esso, quindi in sé, una parte delle proprie sicurezze: sono i capelli, infatti, a simboleggiare, dapprima, il forte legame della fanciulla con la madre e, in seguito, il legame col principe che le permetterà di uscire dalla sua prigionia.

E’ importante, per un bambino, sapere di potersi fidare del proprio corpo (quindi di se stesso) e di poter trovare, attraverso di esso, la soluzione ai propri problemi.

Dopo un periodo di relazione clandestina tra Raperonzolo e il principe, la verità viene a galla…

Un giorno, infatti, mentre tira su la maga, la ragazza si lascia sfuggire una domanda: “Come mai voi siete tanto più pesante da sollevare del giovane principe!?”.

A quelle parole la maga si infuria e, in un batter d’occhio, taglia le trecce a Raperonzolo e la porta a vivere in un deserto lontano.

Subito dopo, la donna lega le trecce recise alla finestra e attende che arrivi il principe a formulare le parole di rito. Quando il giovane sale sulla torre e trova la maga al posto di Raperonzolo si dispera, si getta dalla torre e perde la vista cadendo su un cespuglio di rovi.

Da questo momento il principe e Raperonzolo sono costretti a vagare per molti anni in solitudine, affrontando un periodo di prove e difficoltà, ovvero di crescita e di maturazione interiore, perché non sono ancora pronti per vivere un rapporto maturo alla luce del sole.

Passata questa fase di transizione i due sono pronti a ritrovarsi: il principe, che è cieco, riconosce Raperonzolo dal suo canto soave, mentre la ragazza lo abbraccia piangendo, disperata per la sua cecità. Le lacrime di Raperonzolo restituiscono la vista al principe (ancora una volta ci viene ricordato il potere straordinario del corpo) e così i due possono vivere insieme per sempre, felici e contenti.

In alcune versioni Raperonzolo dà alla luce due gemelli, un maschio e una femmina, mentre si trova da sola nel deserto: ciò potrebbe indicare che diventare genitori prima del tempo non è, di per sé, garanzia di maturazione; è necessario comunque attraversare tutto “il deserto” e completare il proprio percorso di crescita nei giusti tempi.

Raperonzolo è la fiaba dei bisogni inespressi: i due sposi non chiedono alla maga i raperonzoli ma si limitano a rubarglieli; il principe non cerca di comunicare con la fanciulla ma attende che si presenti una buona occasione per salire da lei; i due giovani si frequentano di nascosto senza avere il coraggio di affrontare la maga; infine, mentre vagano in solitudine, entrambi piangono e si lamentano, vivendo miseramente, senza cercare soluzioni più costruttive ai loro problemi.

Questi comportamenti immaturi non portano a nulla di buono, e il lieto fine può arrivare solo dopo che i protagonisti hanno superato queste modalità inadeguate di affrontare le difficoltà della loro vita.

D.ssa Roberta Altieri